Aromi del vento

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Aridocoltura

Aridocoltura

Definizioni a Confronto

Secondo Pantanelli (1950) con il termine di «aridocoltura» si intende «un insieme di pratiche agronomiche da adottare in condizioni di limitate disponibilità idriche per ottenere i migliori risultati produttivi senza dover ricorrere all’irrigazione».

Definizione rivista successivamente da Cavazza (1980), secondo cui per «aridocoltura» si deve intendere «un’agricoltura in cui è praticato il più˘ razionale uso delle limitate risorse idriche disponibili».

Oggi alcune definizioni riportano alla voce: Aridocoltura (o aridocultura) tecnica di coltivazione in zone con clima semi-arido nelle quali, in genere, le scarse piogge (250-500mm annui) sono concentrate entro un breve periodo dell’anno. È fondata sull’immagazzinamento di acqua nel suolo mediante opportune sistemazioni della superficie del terreno e sulla limitazione della dispersione dell’acqua per evaporazione.

Aridocoltura

Definizioni a confronto

Secondo Pantanelli (1950) con il termine di «aridocoltura» si intende «un insieme di pratiche agronomiche da adottare in condizioni di limitate disponibilità idriche per ottenere i migliori risultati produttivi senza dover ricorrere all’irrigazione».

Definizione rivista successivamente da Cavazza (1980), secondo cui per «aridocoltura» si deve intendere «un’agricoltura in cui è praticato il più˘ razionale uso delle limitate risorse idriche disponibili».

Oggi alcune definizioni riportano alla voce: Aridocoltura (o aridocultura) tecnica di coltivazione in zone con clima semi-arido nelle quali, in genere, le scarse piogge (250-500mm annui) sono concentrate entro un breve periodo dell’anno. È fondata sull’immagazzinamento di acqua nel suolo mediante opportune sistemazioni della superficie del terreno e sulla limitazione della dispersione dell’acqua per evaporazione.

I pensieri vanno indietro di alcuni decenni, ricordo quando mio nonno mi diceva che

“una sarchiatura equivale a due irrigazioni”.

Salvatore D’Ancona – Perito Agrario

I pensieri vanno indietro di alcuni decenni, ricordo quando mio nonno mi diceva che

“una sarchiatura equivale a due irrigazioni”.

Salvatore D’Ancona – Perito Agrario

I migliori terreni per praticare l’aridocoltura sono quelli argillosi, perché hanno un potenziale di immagazzinamento di acqua superiore e quindi, tendenzialmente, riescono ad aumentare la capacità di invaso.

I terreni vulcanici a Pantelleria, invece, sono soffici, leggeri e di medio impasto e consentono anche a piccoli quantitativi di acqua di drenare e percolare rapidamente, facendo si che gli apparati radicali ne assimilino solo una piccola quantità.

L’Aridocoltura consiste nell’evitare il più possibile la dispersione dell’acqua tramite sistemazione idraulico-agraria del suolo, copertura del suolo, inerbimento, pacciamatura, eliminazione della vegetazione spontanea, utilizzo di cladoidi di fico d’india ecc… ma la pratica più utile in assoluto per ridurre enormemente l’evaporazione dell’acqua dal suolo è, senza alcun dubbio, la sarchiatura, cioè la lavorazione superficiale del terreno.

La sarchiatura ci permette di raggiungere più obiettivi, i principali:

  1. Eliminazione della compattezza del terreno che interrompe la risalita capillare dell’acqua altrimenti persa per evapotraspirazione;
  2. Eliminazione delle erbe infestanti che andrebbero in competizione con le nostre colture;
  3. Miglioramento della circolazione dell’aria negli strati superficiali del suolo.

Attraverso la sarchiatura possiamo quindi aumentare la capacità del terreno di trattenere l’acqua mantenendola a disposizione delle piante.

I migliori terreni per praticare l’aridocoltura sono quelli argillosi, perché hanno un potenziale di immagazzinamento di acqua superiore e quindi, tendenzialmente, riescono ad aumentare la capacità di invaso.

I terreni vulcanici a Pantelleria, invece, sono soffici, leggeri e di medio impasto e consentono anche a piccoli quantitativi di acqua di drenare e percolare rapidamente, facendo si che gli apparati radicali ne assimilino solo una piccola quantità.

L’Aridocoltura consiste nell’evitare il più possibile la dispersione dell’acqua tramite sistemazione idraulico-agraria del suolo, copertura del suolo, inerbimento, pacciamatura, eliminazione della vegetazione spontanea, utilizzo di cladoidi di fico d’india ecc… ma la pratica più utile in assoluto per ridurre enormemente l’evaporazione dell’acqua dal suolo è, senza alcun dubbio, la sarchiatura, cioè la lavorazione superficiale del terreno.

La sarchiatura ci permette di raggiungere più obiettivi, i principali:

  1. Eliminazione della compattezza del terreno che interrompe la risalita capillare dell’acqua altrimenti persa per evapotraspirazione;
  2. Eliminazione delle erbe infestanti che andrebbero in competizione con le nostre colture;
  3. Miglioramento della circolazione dell’aria negli strati superficiali del suolo.

Attraverso la sarchiatura possiamo quindi aumentare la capacità del terreno di trattenere l’acqua mantenendola a disposizione delle piante.

Aridocoltura Eroica a Pantelleria

Pantelleria è un isola dotata di una cultura agricola autoctona.

Gli eroici contadini panteschi hanno imparato a utilizzare l’elevata umidità notturna, la ricchezza minerale del suolo vulcanico e le diverse aree microclimatiche destinando e specializzando determinate aree ad alcune colture in particolare.

Nei millenni i contadini panteschi hanno adottato diversi accorgimenti agronomici utili a incrementare le riserve idriche dell’intero paesaggio agrario.

Nonostante la forza impetuosa dei venti che si infrangono su quest’isola muretti a secco, giardini panteschi e dammusi proteggono la vita di ogni essere.

Un sistema millenario…

…quello dei muretti a secco, che da un lato impedisce o rende difficoltosa la meccanizzazione, obbligando ad una gestione manuale delle coltivazioni, dall’altro accumula l’umidità atmosferica rendendo gli oltre 14.000 km di muretti a secco di Pantelleria un vero e proprio sistema di accumulo idrico oltre che di protezione delle colture e abbattimento del rischio idrogeologico.

Aridocoltura Eroica a Pantelleria

Pantelleria è un isola dotata di una cultura agricola autoctona.

Gli eroici contadini panteschi hanno imparato a utilizzare l’elevata umidità notturna, la ricchezza minerale del suolo vulcanico e le diverse aree microclimatiche destinando e specializzando determinate aree ad alcune colture in particolare.

Nei millenni i contadini panteschi hanno adottato diversi accorgimenti agronomici utili a incrementare le riserve idriche dell’intero territorio e di tutte le colture.

Nonostante la forza impetuosa dei venti che si infrangono su quest’isola muretti a secco, giardini panteschi e dammusi proteggono la vita di ogni essere.

Un sistema millenario…

…quello dei muretti a secco, che da un lato impedisce o rende difficoltosa la meccanizzazione, obbligando ad una gestione manuale delle coltivazioni, dall’altro accumula l’umidità atmosferica rendendo gli oltre 14.000 km di muretti a secco di Pantelleria un vero e proprio sistema di accumulo idrico oltre che di protezione delle colture e abbattimento del rischio idrogeologico.

Tecniche impensabili in altri areali di coltivazione, tramandate nel tempo da una generazione all’altra attraverso le pietre.

Inconsciamente, il contadino pantesco, ha da sempre messo in atto quello che oggi si chiama aridocoltura, cioè quella tecnica di coltivazione che ben si addice e si adatta a zone con disponibilità idriche limitate.

Alcuni tradizionali accorgimenti, ancora oggi praticati, sono la posa delle pale dei fichi d’India (cladodi) alle piccole piante di pomodoro appena messe a dimora nel terreno ben lavorato.

Questa tecnica ha la duplice funzione di proteggere la giovane piantina dai venti predominanti e di garantire per un paio di settimane un discreto apporto di acqua, con graduale rilascio di umidità al terreno.

Un altro esempio famoso è quello della conca nella pianta di Zibibbo coltivata ad alberello pantesco. Sistema d’allevamento che l’UNESCO ha dichiarato “Patrimonio Immateriale dell’Umanità”.

Tecniche impensabili in altri areali di coltivazione, tramandate nel tempo da una generazione all’altra attraverso le pietre.

Inconsciamente, il contadino pantesco, ha da sempre messo in atto quello che oggi si chiama aridocoltura, cioè quella tecnica di coltivazione che ben si addice e si adatta a zone con disponibilità idriche limitate.

Alcuni tradizionali accorgimenti, ancora oggi praticati, sono la posa delle pale dei fichi d’India (cladodi) alle piccole piante di pomodoro appena messe a dimora nel terreno ben lavorato.

Questa tecnica ha la duplice funzione di proteggere la giovane piantina dai venti predominanti e di garantire per un paio di settimane un discreto apporto di acqua, con graduale rilascio di umidità al terreno.

Un altro esempio famoso è quello della conca nella pianta di Zibibbo coltivata ad alberello pantesco. Sistema d’allevamento che l’UNESCO ha dichiarato “Patrimonio Immateriale dell’Umanità”.

È incredibile di come, già allora il contadino pantesco fosse al passo con i tempi, l’intensità dei venti e l’irrilevanza delle precipitazioni lo hanno spinto a razionalizzare da sempre l’esiguo quantitativo di acqua.

Il contadino pantesco è riuscito a collaborare con una natura selvaggia e incontaminata, dotata di terreno vulcanico fertilissimo, recuperando persino i numerosi pendii collinari con meravigliosi terrazzamenti che arrivano fino al mare.

Da qui le vere e proprie invenzioni come la caratteristica abitazione dell’isola, il dammuso, o il giardino pantesco, ma soprattutto l’adozione del sistema dei muretti a secco (secondo Patrimonio Immateriale dell’Umanità presente a Pantelleria).

I muretti a secco vengono costruiti allo scopo di:

– spietrare i campi dopo il dissodamento e il disboscamento;
– contenere il terreno dei terrazzamenti per evitare frane e smottamenti;
– costruire piccoli tratti a mo’ di frangivento;
– delimitare e posizionare i confini tra le diverse proprietà contadine.

 

Conclusioni

L’aridocoltura, nonostante la riduzione di circa il 50% della resa rispetto a un tipo di agricoltura tradizionale, è l’unica strada davvero perseguibile in un territorio e un clima come quello dell’Isola di Pantelleria.

La perdita produttiva è infatti ampiamente compensata dalla superiore qualità e intensità degli aromi, degli odori e degli oli essenziali e dall’eccellenza dei sapori dei prodotti che ne derivano.

Questo tipo di coltura è, inoltre, in linea con un nuovo modello di economia e di lavoro, contribuendo a perseguire una sostenibilità ambientale e sociale imperativa di fronte all’inesorabile processo di cambiamento climatico in corso.

Il contadino pantesco è riuscito a collaborare con una natura selvaggia e incontaminata, dotata di terreno vulcanico fertilissimo, recuperando persino i numerosi pendii collinari con meravigliosi terrazzamenti che arrivano fino al mare.

Da qui le vere e proprie invenzioni come la caratteristica abitazione dell’isola, il dammuso, o il giardino pantesco, ma soprattutto l’adozione del sistema dei muretti a secco (secondo Patrimonio Immateriale dell’Umanità presente a Pantelleria).

I muretti a secco vengono costruiti allo scopo di:

– spietrare i campi dopo il dissodamento e il disboscamento;
– contenere il terreno dei terrazzamenti per evitare frane e smottamenti;
– costruire piccoli tratti a mo’ di frangivento;
– delimitare e posizionare i confini tra le diverse proprietà contadine.

 

Conclusioni

L’aridocoltura, nonostante la riduzione di circa il 50% della resa rispetto a un tipo di agricoltura tradizionale, è l’unica strada davvero perseguibile in un territorio e un clima come quello dell’Isola di Pantelleria.

La perdita produttiva è infatti ampiamente compensata dalla superiore qualità e intensità degli aromi, degli odori e degli oli essenziali e dall’eccellenza dei sapori dei prodotti che ne derivano.

Questo tipo di coltura è, inoltre, in linea con un nuovo modello di economia e di lavoro, contribuendo a perseguire una sostenibilità ambientale e sociale imperativa di fronte all’inesorabile processo di cambiamento climatico in corso.

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